Talvolta, cado in momenti depressivi, li riconosco, so che in quello stato c’è l’inverno più assoluto e, nel gelo, è impossibile credere che esista l’estate. Ma quando sono in quell’abisso, lancio fuori un’ancora con un filo attaccato per trovare un appiglio e uscire da lì. Un pensiero felice, basta uno solo. Mi ricorda che esiste l’estate e l’estate può essere domani, dipende solo da me.
In quell’abisso ho raccolto pezzettini dolorosi che mi appartengono ed erano rimasti per tanto tempo nascosti ai miei occhi per proteggermi, tuttavia ora rivelandomisi, mi avvelenano. Ma arriva la consapevolezza che quella tristezza è falsa, è un’illusione della mia mente. Che le emozioni si gonfiano e, quando sono malsane, esse diventano vento burrascoso di tempesta che distrugge ogni cosa, ogni barlume di felicità.
Ho imparato a osservare i miei pensieri e le mie emozioni, a guardarle dal di fuori e a scegliere se le voglio oppure no, lasciando passare quello che mi fa male.
I sensi di colpa mi fanno male. Ma nessuna colpa esiste giacché i miei sbagli sono preziosi, mi insegnano a migliorare.
La rabbia mi fa male, mi scava dentro creando ferite, poiché non sono capace di vomitarla addosso agli altri.
La tristezza mi fa male, rende il mondo grigio ai miei occhi, oscurando i suoi meravigliosi colori.
Quando devo decidere qualcosa, ho imparato ad aspettare… so che ho bisogno di tempo perché la mia mente prima è convinta di una cosa, ma più tardi può essere convinta del contrario, vedendo l’altra faccia della medaglia. Cosa è veramente bene per me e per chi mi sta intorno?
Magari è un bene che la mia mente funzioni così: mi mostra il tutto, nella dualità. Tuttavia non è facile il tempo dell’attesa, bisogna quietare l’ansia, guardarla con compassione e permetterle di sciogliersi: essa, in altro modo, attanaglia il cuore e offusca la vista.
(Foto di Anna Rossi)