Il Festival Schiolegge, tenutosi a Schio nel mese di maggio in collaborazione con la libreria Il colore del grano, è stato per me davvero ricco di soddisfazioni.
A partire da “L’estate di Nora”, bambini della scuola primaria di Piovene hanno realizzato delle meravigliose carte illustrate. Sono state lo spunto per approfondire alcune scene del libro durante l’incontro conclusivo del festival, come in questo caso.
Segue il racconto di un’attività svolta dai nostri protagonisti durante il trekking con le asine e il video dal Festival
Ascoltare gli alberi
Facciamo pausa in una piccola radura bordata di ulivi. Liberiamo le asine dal loro carico in modo che si riposino e bruchino un po’ e anche noi ci sediamo sull’erba a mangiare e bere qualcosa.
Siamo fortunati, la giornata è bella, ma non è troppo caldo.
Le nuvole in cielo si muovono lentamente, i rami degli alberi sembrano fermi, ma guardando bene, oscillano un po’ e il movimento si amplifica nelle foglie. Quanti uccelli devono esserci su questi alberi! Non li vedo, ma il loro cinguettio è incessante.
“Gli animali ci parlano” dico.
“Anche le piante” fa Carlo, “ragazzi, andate a chiedere agli ulivi come si chiamano”.
Mattia lo guarda in modo strano.
“Si chiameranno ulivi!”
“Il nome proprio”.
“Ma dai, stai scherzando…”
“No”.
“Tu ce l’hai, no?”.
“Io sono umano”.
“E loro sono pianta, che differenza c’è?”
“Vuoi dire che devo dare un nome alla pianta?”
“No, devi chiedere all’ulivo come si chiama. È facile”.
Penso al mio re e alle mie regine. Devo chiedere anche a loro come si chiamano… Lo farò quando torniamo. So perfettamente come ti parlano le piante, io. Lo fanno con il pensiero. E ognuna ha la sua voce.
Mi alzo e scelgo il mio ulivo.
“Perché non lo facciamo tutti?” propone Hanna.
“È una bellissima idea” dice Daniel.
Così anche i grandi si scelgono una pianta.
Man mano che ci arrivano i nomi, li pronunciamo.
Poso la schiena contro il tronco del mio ulivo e lo sento aderire a me. Le narici mi si liberano e respiro meglio. Mi sembra di essere lui, di scendere nella terra, come se dai miei piedi partissero radici. Sento l’umido della terra, aggiro le rocce e incontro il fresco dell’acqua. Le radici si ramificano in ampiezza e profondità verso il centro del pianeta e raccolgo nutrimento. Il mio busto è il tronco, sollevo le braccia e queste si fanno rami che salgono nel cielo in alto a sfiorare le nuvole.
L’ulivo è in me. “Mi chiamo Ajlula” dico a voce alta e poi rimango un altro po’ lì a ricevere tutto il bene che l’albero mi sta dando, mentre gli altri pronunciano altri nomi.
“Fulgenzio?!” dice Greta.
“Letizia”.
“Willa”.
“Lino”.
Mia mamma non ci riesce. Neanche Roberta.
“E se uno non sente niente?” chiede Corti.
“Si vede che l’albero non ha voglia di parlarti” dice Mattia.
“Perché a te ha parlato?”
“No. Ma il mio è muto”.
“Bella questa!”.
Ringraziamo gli alberi e proseguiamo.
Sembra che abbiamo fatto un gioco da bambini, ma non è così. Hanna ci spiega che hanno inventato degli strumenti per tradurre in musica le vibrazioni emesse dalle piante. In base alle loro emozioni gli alberi vibrano in modo diverso. Se sanno che saranno abbattuti o potati perché vedono avvicinarsi le motoseghe o persone che abitualmente fanno questo lavoro, la loro musica è disarmonica, se, invece, si canta in un bosco, il bosco risponde con un suono armonioso. Ogni pianta, ogni erba ha una musica diversa, sua propria, in sintonia con il suo carattere. La musica cambia durante il giorno, a seconda di come sta, come si sente, cosa sta vivendo. La pianta riconosce chi si prende cura di lei e risponde a parole, carezze, abbracci.
Cammino e ascolto i suoni della natura. La musica è nel mio cuore.